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che ti dice la patria translation

Il traduttore di Remarque, appunto Stefano Jacini (1886-1952), era nipote e omonimo di un importante uomo politico ed economista cattolico liberale, autore di una Inchiesta agraria ben nota agli storici dell’agricoltura, e fu lui stesso personalità di spicco del cattolicesimo popolare lombardo, sia nell’uno che nell’altro dopoguerra. fino a che non fu soppressa, nel 1925, dai fascisti. Contemporaneamente – informa Fernandez (1969, 119) – i titoli di narratori americani nati dopo il 1875 erano solo 17. Lo squadrismo lo nauseò un po’, ma tardò parecchio a prendere le distanze dal fascismo, anche perché, con la voglia di scrivere e facendo il giornalista, non c’erano alternative; quando si trattava di tessere le lodi di Mussolini, comunque, non si tirava indietro.

Istriano di nascita, ma giuliano – per l’esattezza goriziano – di formazione, diversamente dai suoi coetanei come lui irredentisti, di cui ho già parlato sopra, non studiò mai in Italia, ma fu costretto a frequentare sempre e soltanto scuole austro-ungariche, compresa l’Università di Vienna, dove si laureò durante la prima guerra mondiale in filosofia.

È pura coincidenza che Thomas Mann, l’autore delle due novelle con cui si apriva la collana – ossia, ricevesse proprio quell’anno il premio Nobel. Destinati entrambi ad andar delusi. Di origine svizzera e protestante, aveva combattuto nella prima guerra mondiale; reduce dalla prigionia in Germania, si era laureato anche lui in filosofia a Milano con Piero Martinetti. Tra esse spicca. Al numero 11 della collana mondadoriana «I romanzi della guerra», nel 1931, comparve Caterina va alla guerra, opera dello stesso Rocca. Perché dunque Franco Antonicelli, il creatore di quella collana tanto giustamente famosa, le diede il nome di «europea»? Avevano l’ansia di vivere in sintonia con la modernità e capirono subito che era l’America la terra per eccellenza della modernità, la terra dove le masse erano già protagoniste.

E intanto, nel 1938, in Italia il libro veniva sequestrato, proprio perché appariva esaltare un personaggio ebreo (Gigli Marchetti 2000, 73). Contrariamente alle previsioni del giovanotto, i due pagarono e lasciarono anche la mancia, mentre la ragazza li guardò mentre partivano, senza ricambiare il loro saluto.

Poi, nel marzo del 1919, era in piazza San Sepolcro, a Milano, tra i fondatori dei Fasci italiani di combattimento. Circostanza significativa, a marcare, per la generazione che si era formata prima della guerra, una maggiore prossimità alla Germania che all’America. Che ti dice la Patria? Tuttavia la rigorosa Mazzucchetti non gli avrebbe mai accordato la sua stima se avesse sospettato in lui la minima simpatia per il nazismo, mentre condivideva il suo amore per la Germania e la sua cultura.

Grande fortuna ebbe un suo Dizionario tascabile italo-tedesco, già pubblicato in Germania nel 1910 e quindi da Hoepli nel 1931, quando Sacerdote viveva ormai di traduzioni e di pubblicistica divulgativa, nella quale spicca una Vita di Giuseppe Garibaldi per Rizzoli, 1935 (Collotti 1978b).

Kolportageroman mit Hintergründen di Vicki Baum (1929: letteralmente, «Gente in albergo.

Tuttavia un fascista ancora convinto come Rocca li giudicava, sulla «Stampa» del 18 luglio 1929, «un processo efficace della Germania letteraria contro la Germania politica e spirituale del passato» (Rubino 2007, 246). Ma mentre le altre due contavano su un canone accertato a cui attingere, Mazzucchetti presentava voci allora nuove, quasi sempre introdotte in Italia per la prima volta.

La traduzione letteraria tra le due guerre, Roma, Donzelli, Fernandez 1969: Dominique Fernandez, Il mito dell’America negli intellettuali italiani dal 1930 al 1950, Caltanissetta, Salvatore Sciascia Editore (traduzione di Alfonso Zaccaria da originale francese inedito), Ferrero 2016: Ernesto Ferrero, Il più longevo, prolifico e poliedrico traduttore dell’Einaudi, in «tradurre. Fu quindi responsabile dei servizi culturali del «Lavoro italiano», poi «Lavoro fascista», del quale assunse la direzione nel 1930. Alippi Cappelletti 1993: Maurizio Alippi Cappelletti, , vol. Sporadicamente anche oltre questa data, in italiano continuarono a uscire narrazioni prodotte in tedesco sia da alcuni scrittori banditi in Germania sia, soprattutto, da scrittori appartenenti a quella che fu detta «l’emigrazione interna».

Ma la Germania e l’Austria erano i nemici secolari della “patria”, sicché si trattava di un amore contrastato e talvolta contraddittorio.

LXXXIX, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, , a cura di Ilaria Porciani, Napoli, Jovene, 1994, pp. Tutti e quattro erano opera di Lavinia Mazzucchetti, nel frattempo, come sappiamo, impegnata con la «Palma» e la «Medusa» di Mondadori. Animo di esile ma autentico poeta, Bruno Arzeni (1905-1954) era vissuto a Monaco, dove si era recato per studiare con il patrocinio di Giuseppe Gabetti, direttore dell’Istituto di studi germanici di Roma voluto da Gentile, proprio dal 1933 e lì era rimasto fino allo scoppio della guerra, non senza qualche titubante ammirazione per l’organizzazione germanica. di Ernest Hemingway da”I quarantanove racconti” ... mentre il giovanotto con la brillantina nei capelli continuava a dire che la smettesse perché i due erano senza soldi, ma lei afferrò la mano a Guido, chiedendogli di restare. La sconfitta nella prima guerra mondiale e gli avvenimenti successivi avevano messo in crisi la sua tormentata e contraddittoria difesa della, germanica, imperniata sul trinomio Schopenhauer-Wagner-Nietzsche, e il suo sostegno all’impegno bellico guglielmino, contro la, cosmopolita pacifista e democratica. Quando Hitler prese il potere, l’Italia fascista era ben lontana dall’abbracciarne la linea repressiva e razzista, che anzi contestava. Ma ce ne furono diversi altri anche in seguito, fino al 1938.

Hans Fallada (1893-1947) fu ritenuto dai nazisti un feroce critico della Repubblica di Weimar e poté quindi vivere e scrivere indisturbato sotto il regime, ma per resistere finì vittima di dipendenza dall’alcol prima e dalla morfina poi.

Abbiamo una testimonianza toccante.

Gli tolsero la patria potestà perché era un alcolizzato recidivo.

La collana nacque nel 1932, lo stesso anno in cui uscì da Laterza la, di Benedetto Croce. In tre anni di esistenza la collana bemporadiana accolse undici titoli, di cui uno solo italiano, tre tradotti dal francese, due dall’americano, uno dal russo e ben quattro dal tedesco. I loro libri sono invece accomunati nel loro destino italiano anche da un’altra, oggi più nota, traduttrice: Barbara Allason (1877-1968); la quale produsse altri due libri per la «Palma»: che aveva dato a Vicki Baum la notorietà in Germania nel 1928) e, , due romanzi brevi di Joe Lederer legati in unico volume, uscito nel 1933 (rispettivamente da, , 1926). Tra il 1929 e il 1933 forse Lavinia Mazzucchetti poté considerare il paese di Goethe, del quale avrebbe curato vent’anni dopo l’opera pressoché completa in italiano per Sansoni, come la propria patria ideale. In quel periodo, costretta ad abbandonare le ambizioni accademiche per il suo notorio e dichiarato antifascismo, dovette reinventarsi un mestiere e un ruolo. In seguito, oltre alla cattedra di lingua e letteratura francese alla Bocconi (accanto a quella del correligionario Silvio Baridon, che negli anni cinquanta fu, sempre a Milano, il fondatore della prima Scuola interpreti e traduttori, progenitrice dell’attuale Scuola Altiero Spinelli), assunse anche un insegnamento di letteratura tedesca; ma la sua passione principale rimasero gli studi storici (vedi Revel 1948).

Il giovane editore-letterato Valentino Bompiani, che indicava già nel 1933 l’esempio di Döblin (ma anche di Mann) a Ugo Dèttore (Baldini 2019, 208), l’anno seguente avrebbe lanciato un fervente appello al «romanzo collettivo» proprio nella chiave “contenutistica” consona al regime.

Lei non smetteva con i suoi tentativi di seduzione da voler che l’interprete traducesse che lei lo amava e che era sua; aveva imparato a dire ” Ich spreche Deutsch” ed era palese che quei modi li usava con tutti. Non ci sorprende quindi di trovare dedicata a Massimo Bontempelli, il fondatore e direttore di quella rivista, la traduzione che Enrico Rocca aveva fatto di. Si presenta così un’immagine della letteratura (e della cultura) italiana di quel periodo esattamente rovesciata rispetto a quella che ha dominato in epoca repubblicana.

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